giovedì 23 settembre 2010

It was worth it

Sono qui` da ieri e, nonostante il poco tempo, mi sento cosi` a casa.
Ho un debole per questo scorcio di Inghilterra. I paesini come Kidsgrove. Le zone residenziali.
Le detatched houses. Tutto come nei film.
Perfino i beveroni di "cafe` to go" serviti nei "cartons".
Da quando siamo arrivate il tempo e` grigio, ma non mi dispiace. C'e` la tipica pioggia inglese. Fine. Costante. Fastidiosa. Grigia. Eppure proprio non riesco a sentirmi triste.
Sara` il gin and tonic, sara` l'aria del matrimonio, sara` che per una volta non mi sento soffocare alla sola idea di tornare in citta`.
Insomma le tre ore di aereo, i due cambi di pullman e mia nonna che si porta piu` bagagli a mano del dovuto sono accettabili, se il premio finale e` essere qui.
E poi, una viaggio con la nonna ha sempre il suo fascino: parla l'inglese piu` teneramente divertente che abbia mai sentito.

martedì 21 settembre 2010

Partenza e valigie

Finalmente mi alzo. Sgranchisco le gambe, credo che i jeans mi abbiano bloccato la circolazione.
Promemoria: questi sono i pantaloni meno adatti per accovacciarsi sui talloni!
Allontanandomi la guardo: valigia.
Penso che peserà almeno 300 kg. Andateci voi in un posto dove la minima è 10° C subito dopo essere sopravvissuti ad una giornata come domenica scorsa. Settembre come Agosto ti odio.
Questo mese può essere riassunto in:
-molto mal di testa
-poco sesso
-molto caldo
-poco studio
-molta ansia (dovuta al punto precedente)
-poco relax.

E insomma adesso sono alla vigilia della mia seconda partenza estiva(diciamo).
Un po' non vedo l'ora di provare la solita, liberatoria sensazione di vuoto al decollo; un po' mi sento in colpa a mollare tutto, così, per la seconda volta. Comodo, no?
Poi mi dico "Dai, Gio, sono solo cinque giorni in fondo!"
Ok, ok, chiuderò un occhio riguardo al fatto che non ho combinato assolutamente niente ultimamente.
Ok, chiudiamoli anche sul fatto che non combinerò niente al ritorno.
Ok, dai...dormiamoci su.

Intanto (mentre mi assopisco) continuo a guardare la mia valigia monocromatica, scoperchiata in due asimmetriche metà.
Mi piace osservarla, pronta. Guardare tutti i vestiti piegati e in ordine. Devo godermela adesso perché, nonostante stia partendo con mia nonna, non tarderà a trasformarsi in una versione da viaggio del cassonetto giallo degli indumenti usati.
Cosa? Ci siete rimasti quando ho detto "parto con mia nonna"? No, no...è tutto vero.
Non che la cosa mi dispiaccia, anzi. Vado quasi esclusivamente per accompagnare lei.
Mica perché mi piace l'Inghilterra.
Mica perché tanto quell'esame che avrei dovuto dare non sarei mai riuscita a prepararlo in così poco.
Certo, l'avrei presa più alla leggera se non mi avessero sistemato in albergo con una parte della restante ciurma di parenti italiani. Quella over 60.
Non dubito che ci faremo riconoscere. Del resto, si sa, gli italiani sono come il mio beauty case in valigia: fucsia su un patchwork di irregolari quadrati color tortora, beige, nero, antracite e (udite udite) blu. Potete immaginare quanto si noti.

In fin dei conti, comunque, va bene così pur di andare in Inghilterra. E, per una volta, non mi dispiacerà tornare.
(Ammetto con orrore che credo di averne addirittura più voglia che di partire!)
Per ora..
Bye Bye Italia!


giovedì 16 settembre 2010

Seven-floor under

Finalmente, dopo la tipica giornata "cane-spesa-lavastoviglie-lavatrice-letti-pranzo-tavola-caffè-studio" che solitamente suggerisce l'assenza di mia madre posso fermarmi a scrivere.
E scriverò della mia paura.
Di quella sensazione istantanea che sa attraversarmi la testa nei momenti più inaspettati.
E' successo poco fa, mentre sorseggiavo un alcolico caldo e dolce al gusto di caffè. Si parlava, tra amiche, dell'argomento della settimana. Purtroppo.
Il suicidio di Norman Zarcone, 27 anni, dottorando in filosofia del linguaggio all'Università di Palermo.
Ora, non so se girare pagina di fronte ad un fatto che non mi riguarda o cominciare a rivalutare il mio futuro.
Eppure guardando il Tg e ascoltando le notizie, sembrano sempre così lontane, così distanti e irreali. Notizie da un mondo parallelo.
Cose che non potrebbero mai capitare a noi.
Una ragazza viene ferita ad un occhio dalle schegge di un vetro infranto per colpo di un'arma ad aria compressa. Bari, amtab, linea 22. Ore 20,40.
Una filippina uccisa a botte da un pugile, furioso per la rottura con la fidanzata. Era la prima che si è trovato davanti. Milano.
Un poliziotto sconvolto dal licenziamento sequestra un pullman con 15 ostaggi. Sette morti. Manila.
E' la fortuna di non essere noi quelli lì.
Ecco che la soglia di tolleranza ha subito un notevole rialzo.
Quanti ascoltano queste notizie mentre pranzano?
Eppure in questo mondo malato ci siamo tutti.
Ho pensato a tutto questo, in quei pochi secondi mentre avvicinavo il bicchiere alle labbra.
Il resto l'ho pensato adesso. Il suicidio di Norman. Il mio futuro.
Sono nella fase della vita in cui le aspettative sono tutto.
La fase in cui faccio progetti, sogno di esperienze all'estero, contratti di lavoro...
Vedi anche guadagni.
Vedi anche famiglia.
Sono fantasie da studentessa. Ancora per un po' neanche laureanda.
Sono proprio quelle le prime a colare a picco quando senti una notizia del genere.
O quando ti ricordi che i ricercatori sono in sciopero.
Che l'istruzione in Italia sta diventando più scomoda del solito.
Non è paura di non farcela. Non solo. E' la paura del momento in cui cominceranno a dirtelo.
E, si sa, ammettere una cosa può farla diventare tremendamente reale.
Per questo io ho paura.
Per l'eco di disperazione che Norman si è lasciato dietro.
Per quanto è diventato tangibile, adesso, ora, il disagio di tutti quelli come lui. Il nostro disagio.
E se qualcuno obiettasse che non sono una dottoranda, che ho ancora della strada da fare prima di fronteggiare i problemi del mondo del lavoro, che la cosa, in fondo, non mi tocca perchè non la vivo, gli risponderei che non è vero.
Gli risponderei che ho un maledetto bisogno di sperare, io, che ancora ci devo arrivare.
La stupidissima necessità di guardare avanti e vederci qualcosa di diverso da un salto di sette piani...nel vuoto.

venerdì 10 settembre 2010

Libri

Sono libri

Una cosa di cui non potrei mai fare a meno.

I miei rapporti con i libri sono quasi figure di quelli nella vita reale.

Quando ne leggo uno, lo tengo tra le mani, mi piace passare le dita sul suo dorso.

Poi lo giro, sfioro la copertina con la mano; a volte è in rilievo, a volte solo liscia.

Ma è comunque una bella sensazione.

Ed è solo il di fuori.

Quando comincio a leggere, mi immedesimo tanto nei personaggi che mi sembra di non poterne fare più a meno. Vivo le loro storie quasi con più partecipazione delle mie. Vivo anche le loro emozioni.

In fondo li ho creati io, come potrebbe essere il contrario?

Prendo le PAROLE e do loro FORMA. FISIONOMIA.

Dimenticandomi che, in fondo, sono solo parole.

E quanto è facile scrivere qualche stupida parola.

Quanto è difficile rendersi conto che le parole hanno un peso?

Quanto è difficile ricordarlo, poi, quando le si usa?

Pensa, per esempio, di prendere un mucchio di Lego e fare come fanno i bambini.

Ci costruisci un castello, come quei bambini intelligenti che, così piccoli, già incastrano e progettano.

Adesso lo riempi di pupazzi gialli, con i capelli intercambiabili e le manine fisse.

Poi fallo crollare, guardalo cadere.

Ora prova con un castello di mattoni…o di parole.

Mettici dentro chi vuoi e stai a guardare.

E sono solo parole…

Divago.

Insomma sei talmente tanto inebriato dalla narrazione che ti fai coinvolgere a tal punto da dimenticare, dimenticare, dimenticare.

Magari ti stanno chiamando per dirti che "il pranzo è pronto" ma tu dimentichi, dimentichi, dimentichi.

Ti piace troppo stare li.

Può durare tanto. O pochissimo.

Ma di finire…finisce. Dipende dalle pagine. Se sono tante. Se è scritto piccolo.

Insomma quando ti rendi conto che stai per arrivare all'ultima parola, quasi ti vien voglia di chiudere tutto e ricominciare. Ma non ha senso, conosci già la storia. E' troppo presto per rileggere tutto di nuovo. Non ti darebbe la stessa emozione.

Refrattarietà relativa.

Quindi, volente o nolente, prosegui verso la fine. E poi ci arrivi.

E allora, quando fissi per qualche minuto il retro del libro, hai così tanti pensieri in testa.

Come se avessi appena chiuso la porta di una stanza in cui c'era una festa.

Quel frastuono, quel rumore, ti echeggia ancora nelle orecchie.

E mentre diventa ronzio comincia a salire la nostalgia.

E' finito.

Il secondo pensiero, per quanto mi riguarda, quando finisco di leggere un bel libro, è sempre:

"Non ne troverò mai uno che mi coinvolga così, di nuovo."

Che pensiero triste.

L'ho fatto con DUE libri in vita mia, fino ad ora.

Insomma la prima volta che l'ho pensato, mi sono intristita davvero tanto.

Poi, un giorno, seguendo un consiglio ho trovato il secondo e, diffidente come al solito, ho cominciato a leggerlo. Ero in aeroporto.

Giuro, non mi aspettavo niente. Anche se era passato qualche anno il mio primo libro rimaneva lì, imbattuto.

Il migliore. Il suo ricordo suscita in me tenerezza…ancora.

Mi mancava una sensazione così.

Certo, ho letto altro ma mai niente di quel livello.

Poi ho trovato Lui. Il secondo.

E ho lasciato che mi trascinasse con sé.

Un sorriso sulle labbra. Senza opporre resistenza.

Così tremendamente invitante.

Macinavo pagine ad una velocità inconsulta. Sapevo che sarebbe arrivata la fine e a furia di non farci caso, eccomi lì.

Cominciato in aeroporto, finito sotto un albero davanti ad un carillon pieno di bambini.

Detta così sembra una cosa romantica.

Niente di più triste.

E' finito. E ancora una volta il solito, ridondante, avvilente pensiero ritorna:

"Non ne troverò mai uno che mi coinvolga così, di nuovo."

E invece mi ritrovo qui, non è passato un anno questa volta.

Ne ho già un altro tra le mani.

Mi accoccolo sul divano nella grigia luce pomeridiana che filtra dalla finestra e sorseggio il mio caffè.

E’ da stamattina che aspetto questo momento. Fuori piove, l’aria è fresca.

Apro “Circolo chiuso” e d’improvviso tutti quei personaggi che stavano, inesorabilmente, scomparendo mi tornano nitidi alla memoria.

Riapro la porta.

Stasera si festeggia.