venerdì 12 novembre 2010

My maudlin career

You kissed me on the forehead
Now these kisses give me concussion
We were love at first sight
Now this crush, is crushing

I retraced your steps through the city of romance lazily
I took to the desert with your harshest words and they saved me

I'll bail you out again
I've got the readies
I'm not a child I know
We're not going steady

Your pain's gigantic but it's not as big as your ego
I promise not to abandon you, please let me go

I harbored worried feelings
Like they were worth protecting
You say I'm too kind and sentimental
Like you could catch affection

Oh in your eyes there's a sadness
Enough to kill the both of us
Are those eyes overrated?
They make me want to give up on love

I'll brace myself for the loneliness
Say hello to feelings that I detest

This maudlin career has come to an end
I don't want to be sad again

lunedì 8 novembre 2010

Palla prigioniera


A scopo cronaca: rituali di istruzione americana particolare efficace per obiettivo di segrega giovane con intelletto superiore discosto da giovane dotato con superiore abilità fisica.
Migliore esempio, rituale intitolato "palla prigioniera". Tutti maschi ingaggia falsa battaglia davanti occhi di fertili pari femmine.
Cominciamento di rituale, maschi con fisico superiore seleziona migliori combattenti a scopo accompagna in battaglia, così che classifica tutti da massimo migliore a meno desiderabile per riproduzione durante femmine nota con molto di attenzione. Prossimo poi, maschi divisi ingaggia violento assalto contro esercito opposto, bombarda con gonfiata vescica di gomma lattice.
Durante corso di conflitto, maschi possedenti muscolatura superiore infligge danno corporeo a maschi con superiore intelletto ma soffrenti inferiore rapporto altezza/peso, indice massa corporea e statura.
Quando rituale di palla prigioniera completato, tutte femmine pieno consapevole quale maschio possiede più desiderabile tratto fisico. Maschio sconfitto eliminato con danno corporeo, debole cittadino riproduttivo costretto di autoseleziona, redirige invece di impregna partner, di procrea prole, incanala aggressione verso club scacchistico, concentra ambizione sessuale sopra club scientifico. Arte di dibattito o oratoria. Associazione di modellismo. Non concesso riproduzione sessuale, conseguente libero di dedica superiore intelletto a scopo ulteriore istruzione. Stesso durante, corredo genetico con fisico superiore diretto verso impregnazione di femmina con fisico superiore.
A scopo beneficio di tutta società, massimo cruciale che segrega intelletto da fisico adatto.
Tutto compiuto dentro battaglia di palla prigioniera.

[Da "Pigmeo" - Chuck Palahniuk]

Diversivi


A pensarci un diversivo spesso è necessario.

La pausa caffè è un diversivo.

E' un diversivo gettonato.

Studi dimostrano che addirittura SERVE, e MIGLIORA la produttività.

Staccare con il cervello, quindi, fa bene alla salute.

Ci sono quelli che non lo staccano mai.

Vedi anche: Esaurimento.

Quelli che non lo attaccano mai.

Vedi anche: idiozia.

Chi lo stacca quando non dovrebbe.

Ma cos'altro può essere un "diversivo"?

Una pausa dal mondo, una pausa dalla propria soffocante routine, una pausa da una relazione.

Ci ho pensato guardando un telefilm. E mi sono chiesta:

perché abbiamo sempre bisogno di procedere in due direzioni?

Perché siamo così incapaci di puntare tutto sul rosso e stare a guardare la roulette che gira? Ok, se perdi avrai perso tutta la puntata ma…se vinci. Beh, se vinci avrai il doppio. E invece no, questo ragionamento a quanto pare non va per la maggiore. A meno che voi non frequentiate un casinò.

Cerchiamo sempre un diversivo.

Non importa quanto quello che abbiamo ci piaccia.

Non importa quanto potremmo rovinarlo.

Non importa nient'altro che il momento.

L'altra persona è sempre più stupida di noi. O forse, fa comodo crederlo.

Non importa cosa possa pensare. Non importa se ci possa arrivare.

I più fortunati riescono a guardarsi allo specchio e a sentirsi in colpa.

I peggiori non sanno fare nemmeno quello.

Uomini, donne…è indifferente.

Poi ci sono perfino quelli che si autoconvincono che non stanno facendo niente di male.

Che tutto ciò è inevitabile perché fa parte della loro personalità.

Cazzate.

Siamo così caratterialmente piatti e reiterativi.

Capaci di recitare lo stesso copione infinite volte.

Ci sono stata dentro, mio malgrado, e poi ho deciso che odio fare le cose così.

Ho capito che se voglio azzardare, tanto vale giocare tutto quello che ho, quando ne vale la pena.

Promemoria: giocare SOLO quando ne vale la pena.

Tutto il resto è inutile. E' perdita di tempo.

Se vuoi fare qualcosa sii deciso.

Niente vergogna.

Senno, resta a casa.

venerdì 5 novembre 2010

C'era tutto quel sangue.

Good times for a change
See, the luck I've had
Can make a good man
Turn bad

So please please please
Let me, let me, let me
Let me get what I want
This time

Haven't had a dream in a long time
See, the life I've had
Can make a good man bad

So for once in my life
Let me get what I want
Lord knows, it would be the first time
Lord knows, it would be the first time


[The Smiths - Please please please let me get what I want this time]


"Oh cazzo"

E' l'ultima parola che ricordo, l'ultima che ho detto.
Poi sangue, sangue tutto intorno.
Ho alzato la faccia da terra, issandomi con le mani e ho sbattuto le palpebre un paio di volte.
Adesso, ancora, dopo 5 anni ricordo i dettagli.
Ho pensato "Ok, va tutto bene" ma sentivo le labbra gonfie e non riuscivo a muovere la lingua. Ho pensato che fosse la gomma da masticare quella cosa che avevo sul palato ma no, non era la gomma, era il palato stesso. Gonfio.
Poi ho visto lei, stesa a circa un metro da me e ho avuto paura.
Aveva gli occhi chiusi e la testa poggiata sul marciapiede. Non era sveglia.
Il casco rigato di nero ["Io non ti ci porto sul motore se non ti metti quel cazzo di casco!"].

Suoni, gente, parole confuse.

In ambulanza le ho tenuto la mano. Mi ascoltavo ripeterle di stare tranquilla. Ma parlare faceva così male.
Poi ho alzato gli occhi, e ho incrociato il mio riflesso su una superficie specchiata.
Solo allora ho pianto.
Non andava tutto bene.
Non riuscivo a serrare le mascelle.
La lingua gonfia.
Le labbra insanguinate.
E le dicevo che sarebbe andato tutto bene.
Ho pensato: "e se rimango così?"
"Cosafacciocosafacciocosafaccioadesso"
Il suono della sirena mi martellava il cervello.
Fortunatamente le lacrime mi hanno impedito di continuare a guardare quel riflesso orrido.

Poi mamma, papà.
D.
Carabinieri.
Sono stanca, sono in piedi da un tempo indefinibile.
Mi fa male tutto.
Risonanza.
Sedia a rotelle.
Ricovero.
Nonstasuccendoame, ti prego.
Tutto quello che ricordo è che qualcuno di mi ha spogliata.
Mi hanno cambiata e poi mi hanno chiesto chi fossi.
Quanti anni avessi.
Poi….niente.

Sono passati 5 anni, eppure ogni volta che attraverso quell'incrocio, che salgo su quel marciapiede mi sembra ancora di ricordare quella gigantesca macchia di sangue.
C'era tutto quel sangue.
Quanto fosse strano pensare che quel sangue era tutto mio.
E mi viene sempre da pensare a cosa sarebbe successo se non fosse andata così.
E poi mi chiedo se qualcuno di quei negozianti, quelli che erano tutti li quel pomeriggio di Maggio, si ricordano dell'incidente.
Non mi serve la risposta ma non posso fare a meno di farmi la domanda.
E' curioso passare di li, quasi mi aspetto di essere riconosciuta.
Non credo che dimenticherò, e non credo che le cicatrici andranno mai via.

Ma poi ho pensato:
"Adesso, in questo momento, voglio che tutto vada bene."

mercoledì 13 ottobre 2010

S.

>

Questa la scrivo per S.

S. io la conosco poco. Non abbiamo mai legato ma ieri ho saputo che suo padre è appena morto.

Sua madre è molto malata.

S. ha preparato e superato a pieni voti un esame di recente, poco prima di perdere suo padre.

Vedo S. all'università spesso. Mi dicono che viene tutti i giorni.

S. non è di Bari. Vive lontana dalla sua famiglia.

S. ha detto che lo fa per lui.

Non starò qui a fingere di capire il dolore che prova S.

Non fingerò di esserle vicina. Io ed S. non siamo nemmeno amiche.

Ci siamo rivolte qualche sorriso di circostanza ogni tanto e abbiamo chiacchierato del più e del meno.

Ovviamente quello che so non l'ho sentito da lei.

Ovviamente se la incontrassi non le direi niente in proposito.

No, non sono una persona senza cuore, sono solo discreta.


Ma quello che è successo ha aperto il solito file nel mio cervello.

Angoscia che va a Paura che va a Senso di Impotenza.


Tutto nel grande folder delle mie riflessioni reiterate.


Periodicamente mi trovo a pensare a quanto siamo presuntuosi, noi, nel credere che tutto ci sia dovuto.

Che tutto sia scontato e ovvio.

Giorno dopo giorno ci prendiamo il lusso di pretendere di più.

Il lusso di mettere il muso perché la caldaia si è rotta e la doccia era fredda.

Di lamentarci come se ogni piccola cosa fosse in realtà un grande problema.

Senza considerare che tutto il tempo che dedichiamo a risentimenti, rancori e paranoie generali è tolto al resto e non torna indietro.

Provo sempre a pensare "E se ci fossi io li, davvero mi sembrerebbe così grave fare un doccia fredda, non superare un esame, essere scaricata da un ragazzo?".

La risposta è, ovviamente, no.

Nel mio piccolo, quando ho provato, la sola idea di poter scendere a prendere un gelato al bar sotto casa mi sembrava fenomenale.

Il pensiero di tornare a casa e passata l'intera giornata seduta alla scrivania a studiare era diventato allettante, d'un tratto.

Vorrei che non servisse aver paura di perdere una cosa per apprezzarla.

Sono sicura che ad S. mancano le liti in famiglia adesso.

Le mancano molte delle cose che noi malediciamo quotidianamente.

Allora io sono grata per ogni piccolezza, per ogni gesto che considero scontato nella mia giornata.

Sono grata a S. per avermi fatto pensare, ancora una volta.

Per avermi dato una piccola chance di capire.

domenica 3 ottobre 2010

Momenti


Like a flower waiting to bloom

Like a lightbulb in a dark room

I'm just sitting here waiting for you

To come home and turn me on


Like the desert waiting for the rain

Like a school kid waiting for the spring

I'm just sitting here waiting for you

To come on home and turn me on


My poor heart, it's been so dark since you been gone

After all, you're the one who turns me off

You're the only one who can turn me back on


My hi-fi's waiting for a new tune

The glass is waiting for some fresh ice cubes

I'm just sitting here waiting for you

To come on home and turn me on

Turn me on


[Norah Jones - Turn me on]


E in fin dei conti, quando ti volti a guardare indietro e riconsideri tutto ti rendi conto di come fosse inevitabile.


E' la stessa sensazione che provi quando guardi un film per la seconda volta, conoscendone il finale.


Ti sembra che tutto combaci perfettamente con la spiegazione che ti sei dato. Che non sarebbe potuta andare diversamente.


Ogni singolo dettaglio si adatta alla storia, ogni richiamo trova compimento nella conclusione a cui hai assistito.


Poi magari non è neanche vero. Magari la tua versione è quella sbagliata, e i fatti ti dimostreranno che hai fatto un grosso


errore di valutazione. Ma poi.


Per adesso sembra tutto così assurdamente combaciante.


E perché non crederci allora?


Perché non crederci e non, semplicemente, sorridere di tutto quello che hai fatto e che non avresti dovuto ma che ti ha

portato dove sei?


I momenti alla "O lo faccio adesso o non lo faccio più" diciamo.


Quei momenti che IO sto cercando di imparare a cogliere e che, fortunatamente, qualcuno già coglie.

giovedì 23 settembre 2010

It was worth it

Sono qui` da ieri e, nonostante il poco tempo, mi sento cosi` a casa.
Ho un debole per questo scorcio di Inghilterra. I paesini come Kidsgrove. Le zone residenziali.
Le detatched houses. Tutto come nei film.
Perfino i beveroni di "cafe` to go" serviti nei "cartons".
Da quando siamo arrivate il tempo e` grigio, ma non mi dispiace. C'e` la tipica pioggia inglese. Fine. Costante. Fastidiosa. Grigia. Eppure proprio non riesco a sentirmi triste.
Sara` il gin and tonic, sara` l'aria del matrimonio, sara` che per una volta non mi sento soffocare alla sola idea di tornare in citta`.
Insomma le tre ore di aereo, i due cambi di pullman e mia nonna che si porta piu` bagagli a mano del dovuto sono accettabili, se il premio finale e` essere qui.
E poi, una viaggio con la nonna ha sempre il suo fascino: parla l'inglese piu` teneramente divertente che abbia mai sentito.

martedì 21 settembre 2010

Partenza e valigie

Finalmente mi alzo. Sgranchisco le gambe, credo che i jeans mi abbiano bloccato la circolazione.
Promemoria: questi sono i pantaloni meno adatti per accovacciarsi sui talloni!
Allontanandomi la guardo: valigia.
Penso che peserà almeno 300 kg. Andateci voi in un posto dove la minima è 10° C subito dopo essere sopravvissuti ad una giornata come domenica scorsa. Settembre come Agosto ti odio.
Questo mese può essere riassunto in:
-molto mal di testa
-poco sesso
-molto caldo
-poco studio
-molta ansia (dovuta al punto precedente)
-poco relax.

E insomma adesso sono alla vigilia della mia seconda partenza estiva(diciamo).
Un po' non vedo l'ora di provare la solita, liberatoria sensazione di vuoto al decollo; un po' mi sento in colpa a mollare tutto, così, per la seconda volta. Comodo, no?
Poi mi dico "Dai, Gio, sono solo cinque giorni in fondo!"
Ok, ok, chiuderò un occhio riguardo al fatto che non ho combinato assolutamente niente ultimamente.
Ok, chiudiamoli anche sul fatto che non combinerò niente al ritorno.
Ok, dai...dormiamoci su.

Intanto (mentre mi assopisco) continuo a guardare la mia valigia monocromatica, scoperchiata in due asimmetriche metà.
Mi piace osservarla, pronta. Guardare tutti i vestiti piegati e in ordine. Devo godermela adesso perché, nonostante stia partendo con mia nonna, non tarderà a trasformarsi in una versione da viaggio del cassonetto giallo degli indumenti usati.
Cosa? Ci siete rimasti quando ho detto "parto con mia nonna"? No, no...è tutto vero.
Non che la cosa mi dispiaccia, anzi. Vado quasi esclusivamente per accompagnare lei.
Mica perché mi piace l'Inghilterra.
Mica perché tanto quell'esame che avrei dovuto dare non sarei mai riuscita a prepararlo in così poco.
Certo, l'avrei presa più alla leggera se non mi avessero sistemato in albergo con una parte della restante ciurma di parenti italiani. Quella over 60.
Non dubito che ci faremo riconoscere. Del resto, si sa, gli italiani sono come il mio beauty case in valigia: fucsia su un patchwork di irregolari quadrati color tortora, beige, nero, antracite e (udite udite) blu. Potete immaginare quanto si noti.

In fin dei conti, comunque, va bene così pur di andare in Inghilterra. E, per una volta, non mi dispiacerà tornare.
(Ammetto con orrore che credo di averne addirittura più voglia che di partire!)
Per ora..
Bye Bye Italia!


giovedì 16 settembre 2010

Seven-floor under

Finalmente, dopo la tipica giornata "cane-spesa-lavastoviglie-lavatrice-letti-pranzo-tavola-caffè-studio" che solitamente suggerisce l'assenza di mia madre posso fermarmi a scrivere.
E scriverò della mia paura.
Di quella sensazione istantanea che sa attraversarmi la testa nei momenti più inaspettati.
E' successo poco fa, mentre sorseggiavo un alcolico caldo e dolce al gusto di caffè. Si parlava, tra amiche, dell'argomento della settimana. Purtroppo.
Il suicidio di Norman Zarcone, 27 anni, dottorando in filosofia del linguaggio all'Università di Palermo.
Ora, non so se girare pagina di fronte ad un fatto che non mi riguarda o cominciare a rivalutare il mio futuro.
Eppure guardando il Tg e ascoltando le notizie, sembrano sempre così lontane, così distanti e irreali. Notizie da un mondo parallelo.
Cose che non potrebbero mai capitare a noi.
Una ragazza viene ferita ad un occhio dalle schegge di un vetro infranto per colpo di un'arma ad aria compressa. Bari, amtab, linea 22. Ore 20,40.
Una filippina uccisa a botte da un pugile, furioso per la rottura con la fidanzata. Era la prima che si è trovato davanti. Milano.
Un poliziotto sconvolto dal licenziamento sequestra un pullman con 15 ostaggi. Sette morti. Manila.
E' la fortuna di non essere noi quelli lì.
Ecco che la soglia di tolleranza ha subito un notevole rialzo.
Quanti ascoltano queste notizie mentre pranzano?
Eppure in questo mondo malato ci siamo tutti.
Ho pensato a tutto questo, in quei pochi secondi mentre avvicinavo il bicchiere alle labbra.
Il resto l'ho pensato adesso. Il suicidio di Norman. Il mio futuro.
Sono nella fase della vita in cui le aspettative sono tutto.
La fase in cui faccio progetti, sogno di esperienze all'estero, contratti di lavoro...
Vedi anche guadagni.
Vedi anche famiglia.
Sono fantasie da studentessa. Ancora per un po' neanche laureanda.
Sono proprio quelle le prime a colare a picco quando senti una notizia del genere.
O quando ti ricordi che i ricercatori sono in sciopero.
Che l'istruzione in Italia sta diventando più scomoda del solito.
Non è paura di non farcela. Non solo. E' la paura del momento in cui cominceranno a dirtelo.
E, si sa, ammettere una cosa può farla diventare tremendamente reale.
Per questo io ho paura.
Per l'eco di disperazione che Norman si è lasciato dietro.
Per quanto è diventato tangibile, adesso, ora, il disagio di tutti quelli come lui. Il nostro disagio.
E se qualcuno obiettasse che non sono una dottoranda, che ho ancora della strada da fare prima di fronteggiare i problemi del mondo del lavoro, che la cosa, in fondo, non mi tocca perchè non la vivo, gli risponderei che non è vero.
Gli risponderei che ho un maledetto bisogno di sperare, io, che ancora ci devo arrivare.
La stupidissima necessità di guardare avanti e vederci qualcosa di diverso da un salto di sette piani...nel vuoto.

venerdì 10 settembre 2010

Libri

Sono libri

Una cosa di cui non potrei mai fare a meno.

I miei rapporti con i libri sono quasi figure di quelli nella vita reale.

Quando ne leggo uno, lo tengo tra le mani, mi piace passare le dita sul suo dorso.

Poi lo giro, sfioro la copertina con la mano; a volte è in rilievo, a volte solo liscia.

Ma è comunque una bella sensazione.

Ed è solo il di fuori.

Quando comincio a leggere, mi immedesimo tanto nei personaggi che mi sembra di non poterne fare più a meno. Vivo le loro storie quasi con più partecipazione delle mie. Vivo anche le loro emozioni.

In fondo li ho creati io, come potrebbe essere il contrario?

Prendo le PAROLE e do loro FORMA. FISIONOMIA.

Dimenticandomi che, in fondo, sono solo parole.

E quanto è facile scrivere qualche stupida parola.

Quanto è difficile rendersi conto che le parole hanno un peso?

Quanto è difficile ricordarlo, poi, quando le si usa?

Pensa, per esempio, di prendere un mucchio di Lego e fare come fanno i bambini.

Ci costruisci un castello, come quei bambini intelligenti che, così piccoli, già incastrano e progettano.

Adesso lo riempi di pupazzi gialli, con i capelli intercambiabili e le manine fisse.

Poi fallo crollare, guardalo cadere.

Ora prova con un castello di mattoni…o di parole.

Mettici dentro chi vuoi e stai a guardare.

E sono solo parole…

Divago.

Insomma sei talmente tanto inebriato dalla narrazione che ti fai coinvolgere a tal punto da dimenticare, dimenticare, dimenticare.

Magari ti stanno chiamando per dirti che "il pranzo è pronto" ma tu dimentichi, dimentichi, dimentichi.

Ti piace troppo stare li.

Può durare tanto. O pochissimo.

Ma di finire…finisce. Dipende dalle pagine. Se sono tante. Se è scritto piccolo.

Insomma quando ti rendi conto che stai per arrivare all'ultima parola, quasi ti vien voglia di chiudere tutto e ricominciare. Ma non ha senso, conosci già la storia. E' troppo presto per rileggere tutto di nuovo. Non ti darebbe la stessa emozione.

Refrattarietà relativa.

Quindi, volente o nolente, prosegui verso la fine. E poi ci arrivi.

E allora, quando fissi per qualche minuto il retro del libro, hai così tanti pensieri in testa.

Come se avessi appena chiuso la porta di una stanza in cui c'era una festa.

Quel frastuono, quel rumore, ti echeggia ancora nelle orecchie.

E mentre diventa ronzio comincia a salire la nostalgia.

E' finito.

Il secondo pensiero, per quanto mi riguarda, quando finisco di leggere un bel libro, è sempre:

"Non ne troverò mai uno che mi coinvolga così, di nuovo."

Che pensiero triste.

L'ho fatto con DUE libri in vita mia, fino ad ora.

Insomma la prima volta che l'ho pensato, mi sono intristita davvero tanto.

Poi, un giorno, seguendo un consiglio ho trovato il secondo e, diffidente come al solito, ho cominciato a leggerlo. Ero in aeroporto.

Giuro, non mi aspettavo niente. Anche se era passato qualche anno il mio primo libro rimaneva lì, imbattuto.

Il migliore. Il suo ricordo suscita in me tenerezza…ancora.

Mi mancava una sensazione così.

Certo, ho letto altro ma mai niente di quel livello.

Poi ho trovato Lui. Il secondo.

E ho lasciato che mi trascinasse con sé.

Un sorriso sulle labbra. Senza opporre resistenza.

Così tremendamente invitante.

Macinavo pagine ad una velocità inconsulta. Sapevo che sarebbe arrivata la fine e a furia di non farci caso, eccomi lì.

Cominciato in aeroporto, finito sotto un albero davanti ad un carillon pieno di bambini.

Detta così sembra una cosa romantica.

Niente di più triste.

E' finito. E ancora una volta il solito, ridondante, avvilente pensiero ritorna:

"Non ne troverò mai uno che mi coinvolga così, di nuovo."

E invece mi ritrovo qui, non è passato un anno questa volta.

Ne ho già un altro tra le mani.

Mi accoccolo sul divano nella grigia luce pomeridiana che filtra dalla finestra e sorseggio il mio caffè.

E’ da stamattina che aspetto questo momento. Fuori piove, l’aria è fresca.

Apro “Circolo chiuso” e d’improvviso tutti quei personaggi che stavano, inesorabilmente, scomparendo mi tornano nitidi alla memoria.

Riapro la porta.

Stasera si festeggia.

sabato 28 agosto 2010

Love is no big truth..

..driven by our genes we are simply selfish beings.

Quando sono con loro mi torna sempre in mente quella puntata di Sex and the city in cui Carrie dice a Big che fino a quel momento ha sempre ricevuto inviti con su scritto "Per Carrie e accompagnatore", senza mai un nome.
Per la prima volta, adesso il nome c'è.

Già, eppure non è scritto.

"Gio, volevo dire che l'invito era valido anche per…cioè beh, quel ragazzo con cui stai uscendo adesso, quello che sta a…"
"Si, l'ho capito (sorrido) non ti preoccupare"

E' la coincidenza.
A me non è successo proprio così in realtà. Sugli inviti il nome c'era.
E' che è cambiato spesso in questi ultimi tempi.

Non sono più nemmeno sicura di volercelo scrivere questo nome.
Forse con il tempo anche l'inchiostro migliore sbiadisce, non so dire.

Forse ora come ora è meglio usare una matita o dell'inchiostro simpatico.

No, l'amore non è una grande verità, a pensarci.
Quella, semmai, è che noi siamo esseri geneticamente egoisti. Poco disposti a dare, sempre a ricevere.
Attenzioni, conferme..affetto. Qualunque cosa.
Sembra quasi che ogni individuo tenga la propria personale contabilità delle donazioni.
Centellinare qualunque cosa.
Tacere.
Nascondere.
Come quando le ragazzine contano 5 minuti prima di rispondere al messaggio di Lui. Chi non l'ha mai fatto?
E' tutta una facciata, una montatura.
Fare qualcosa "per non dare a vedere che..".
Per non svelarci.
Così come siamo:
banalmente e totalmente egoisti.

Quasi ci piace avvizzire nelle nostre sordide abitudini.
Per inerzia.
Per noia.
(Per paura?)

Ci spingiamo sempre più oltre, attraversando con energiche bracciate il mare, o l'abisso, del nostro orgoglio.
Troppo pieni di noi.
Ciechi per guardare e ipocriti per parlare.
Andiamo sempre più a largo, verso la linea invisibile del limite.
E superata quella, non si torna indietro.
Inebriati, ci facciamo trascinare dalla corrente.
Boriosi, pensiamo sempre ci sia una seconda possibilità.
Non c'è. Non sempre.
Lentamente stiamo "disimparando". Stiamo perdendo la mano.
Quasi ansiosi di arrivare a quel punto da cui non si ritorna.
Per avere un nuovo problema di cui lamentarci.

Io mi sono inaridita, sento, giorno dopo giorno, che è così.
Mi spaventa, e quindi, ho cominciato a nuotare contro corrente.
Ma non posso farlo da sola, non voglio.
Voglio il mio stupido invito con IL nome.
Anche se, a conti fatti, è solo il fazzoletto di un bar. Con due firme sopra.






sabato 21 agosto 2010

The rotter's club (Pt II)

Lei gli poggiò la testa sulla spalla e per un po' non dissero niente. Lei però stava ripensando a quelle ultime parole.

"E la mia di storia, dove finirà?" si domandò a voce alta.

"Non ho una vera casa. Non mi sento al posto giusto a Birmingham; né altrove, a dire la verità. Forse sarà in America."

"Perché in America?" domandò Benjamin.

Cicely rispose con voce malferma. "Perché è lì che andrò adesso."

Sentì Benjamin che si irrigidiva accanto a lei, e si volto a guardarlo con gli occhi pieni di dispiacere per il dolore che stava per infliggergli. "Oh non sarà per sempre, Ben. Soltanto per qualche mese." "Qualche mese?" "Soltanto finché mia madre fa questo spettacolo a New York. E' una cosa off-Broadway, potrebbe anche chiudere dopo una settimana o due. Mi manca terribilmente, Benjamin. E' una buona occasione. Vivremo a Manhattan e passeremo i fine settimana a Long Island…"

"E gli esami? Pensavo che saresti tornata a scuola." "Non sino dopo Natale."

Si alzò e tirò su anche Benjamin. Strinse il corpo contro il suo, e lui sentì il suo respiro veloce, il cuore che le batteva forte. "Guarda, Ben, ho fatto un sacco di sbagli con gli uomini in passato. Tu non sei uno sbaglio. Sei il primo. Il primo e l'ultimo e l'unico. Quello che è successo tra noi qui è soltanto l'inizio, non vedi? Passeremo dei momenti favolosi insieme, io e te. Momenti favolosi, incredibili. Siamo così fortunati, così tanto tanto fortunati,a esserci trovati. Siamo così giovani, Ben, così giovani e già sappiamo! Siamo le persone più fortunate del mondo, io e te! E io non getterò via tutto questo. Niente al mondo me lo farà gettare via. Cosa sono pochi mesi, pochi mesi lontani, in confronto a quello che abbiamo davanti a noi? Non sono niente. Benjamin. Assolutamente niente."

Lui le aggiustò i capelli sulla fronte e disse : "Mi scriverai?" e lei rispose: "Tutti i giorni", e nei suoi occhi lui vide riflessi due oceani e negli occhi di lui lei vide spuntare le lacrime, ma anche attraverso quelle lacrime Benjamin sentiva una mostruosa, divina felicità che lo consumava, perché finalmente sapeva che cosa significava amare ed essere amati.

[Jonathan Coe - The rotter's club]

lunedì 16 agosto 2010

Le dernier jour

Over the sea and far away

She's waiting like an iceberg

Waiting to change

But she's cold inside

She wants to be like the water


All the muscles tighten in her face

Buries her soul in one embrace

They're one and the same

Just like water


And the fire fades away

Most of everyday

Is full of tired excuses

But it's too hard to say

I wish it were simple

But we give up easily

You're close enough to see that

You're the other side of the world to me


On comes the panic light

Holding on with fingers and feelings alike

But the time has come

To move along


And the fire fades away

Most of everyday

Is full of tired excuses

But it's too hard to say

I wish it were simple

But we give up easily

You're close enough to see that

You're the other side of the world


Can you help me

Can you let me go

And can you still love me

When you can't see me anymore


And the fire fades away

Most of everyday

Is full of tired excuses

But it's too hard to say

I wish it were simple

But we give up easily

You're close enough to see that

You're the other side of the world

the other side of the world

You're the other side of the world to me


[Kt Tunstall - The other side of the world]


Ultimo giorno a Tolosa.
Una tristezza più che mai insolita.

venerdì 13 agosto 2010

The rotter's club


Noto con piacere sempre crescente che qui, l'usanza di sedersi da soli al tavolino di un bar è molto più comune che da noi. La si può vedere come una cosa triste..
Gente sola che osserva Place du Capitole illuminata da quella strana luce bianca e impietosa che portano le giornate di pioggia.
O la si può vedere come la vedo io..
un momento di semplice rilassamento, in cui poter pensare a tutto o scegliere di non pensare affatto.

Dopo qualche giorno, finalmente ho trovato il mio ritmo:
ho deciso che preferisco alzarmi con calma, fare una bella colazione abbondante e poi partire alla volta della città. Da domenica scorsa l'ho esplorata quasi tutta, ogni parco, ogni chiesa.
Che posti meravigliosi, così rilassanti.
Non muovendomi mai prima delle 13, tra l'altro, ho il grandissimo vantaggio di trovare quasi tutto semideserto, ad eccezione di pochi, temerari turisti.
Pensare che ieri, ho trovato una chiesetta. St.Exupére si chiama.
Deserta, quasi inquietante.
Tutta per me. Unico suono a rimbombare: l'otturatore della mia macchina fotografica.
Ho goduto di ogni angolo, ho provato ad aprire ogni porta, ho rabbrividito da sola di quell'austera sacralità. Poi mi sono seduta, un po' ansimante per la fatica di portare in giro la borsa pesantissima, e ho ascoltato quel meraviglioso silenzio, sperando che non arrivasse nessuno.

Eppure ho divagato.
Oggi mentre, seduta al tavolino, facevo colazione (per la prima volta avec cafè au lait, cioè il nostro cappuccino) ho letto questo:
"Cara Chiara (come ormai bisognerà che impari a chiamarti) [...] a Mantova com'è l'autunno? Squisito, ne sono certa. Mi sembra di vederti, te e la tua nuova vita. Sei seduta al caffè di una piazza, sotto un colonnato, a bere cappuccino. Le foglie morte svolazzano sulle pietre del selciato. [...]
E poi ancora
[...] Insomma ti ho appena raccontato la storia di Benjamin e Lois e Malcom. E mi domando dove sei seduta mentre la leggi. A quel tavolino, spero, nella piazza, sotto il colonnato. Mi sa che il tuo cappuccino ormai è diventato freddo. [...]".

Quando ho ripreso in mano la tazza, accorgendomi che era fredda, ho sorriso.
Grazie per avermi consigliato questo libro.

giovedì 12 agosto 2010

No time Toulouse


Toulouse, 9/08/2010

Mi sveglio, o meglio ri-sveglio, verso le 11. Intontita, stonata.
Metto i piedi giù da letto. "Oddio, la testa.."
Non perdo tempo a spiegarmi il perchè, quanto piuttosto comincio a rendermi conto di aver poggiato i piedi sulla moquette.
Un flash: ieri notte ci abbiamo schiacciato una zanzara.
Ciononostante, cerco di fingermi una che si adatta e mi alzo in piedi.
Faccio due passi. Tendo l'orecchio. Donkey Kong ha lasciato l'edificio. C'è silenzio.
Gniick, sbam.
La porta non oliata sbatte sulla custodia della chitarra.
Mi dirigo in bagno.
1..2..3...luce.
"Che aspetto orribile.."
Direi che possiamo cominciare con una doccia. Torno in camera.
Gniick, sbam.
Di nuovo.
Sto per imprecare, ho anche lasciato l'asciugamano in bagno. Lo recupero.
Gniick, sbam.
"Ma questa cazzo di chitarra..."
Mi abbasso e sposto la custodia. Avvicino la faccia alla moquette quel tanto che basta per vederlo. Non bastava il cadavere della zanzara, c'è anche uno spillo.
Ora è il caso di parlare un attimo delle "bizzarrie" dei tedeschi.
Si, perchè a quanto ne so l'ex (per ora) inquilina di questa camera è tedesca. Una tale Kitty.

Beh, Kitty...mi dici che idea è quella di attaccare al muro delle foto bloccandole con degli spilli infilati nella carta da parati? E non, ovviamente, non a mo' di chiodi ma paralleli al muro.
Ma dico io..non ti rendi conto che c'è un evidente problema? E, poi..forse forse gli spilli sotto le foto reggono qualcosa...ma quelli sopra?
In favore di questa eccelsa mente tedesca potrei anche considerare "l'attacco d'arte" (nel senso di attentato all'arte) appeso sul letto.
Un indizio?
Non è Jimi Hendrix.

Comincia così il mio terzo giorno a Tolosa.

12/08/2010
Toulouse, h: 11.03
Oggi, per la prima volta da quando sono quì, c'è brutto tempo.
Fa fresco, sembra quasi che stia per piovere. Mi piace questo grigio.
E, oggi, ancora per la prima volta, non sono riuscita a prendere sonno dopo la sveglia delle 7.50.
Ho provato, giuro. Ma proprio niente.
Sono rimasta nel letto e, ascoltando, mi sono resa conto di avere in testa una marea di pensieri ronzanti. Su cosa sto facendo, su cosa farò, giusto, sbagliato. Come sarà tornare a Bari, meglio, peggio? Sto solo rendendo tutto più difficile?
E' che sto cominciando ad abituarmi a tutto questo..
ma, del resto...chi non si abituerebbe a questi deliziosi croissant?

giovedì 22 luglio 2010

Rabbia.

La verità è che davvero non puoi mai dire di conoscere le persone.
E non puoi mai dire quanto scoprire che qualcuno è quello che tu non ti aspettavi che fosse ti può deludere.
Fare il confronto con quello che conoscevo e quello che vedo adesso mi spiazza.
Compro una vocale:
"Spiazzata" è la parola giusta.
"Abbattuta" una valida sostituta.

Sono nella fase "I ricordi fanno male".
Prequel di "Rabbia".

Risultato: La mia voglia di allontanarmi da qui aumenta esponenzialmente. E' questa città, sono le persone che ci vivono dentro.

Quelle che si cullano nella tristezza delle loro quattro mura.
Invece di guardare avanti, si guardano nelle mutande da 30 anni.

Ve lo siete consumato a furia di guardarlo.
Cambiate musica, cambiate stile, cambiate buchi.

Datevi un valore. Provate a guardarvi allo specchio e a farvi schifo.
Ne siete capaci?
Uomini senza palle, senza spina dorsale.
Alla nascita vi è stata tolta per darvi la possibilità di farvi i pompini da soli.

In quei rari momenti in cui vi rendete conto che vi fa schifo farvi l'ennesimo cesso conosciuto in spiaggia che puzza di crema solare scadente e di cui non ricordate il nome.

Ma poi tornare in tiro, voi e le vostre belle parole, e i modi da gran signori.

Non lo siete. Di grande avete solo l'orgoglio e, no, non è quella cosa nelle mutande.

Chi semina vento raccoglie tempesta. E voi state seminando tanto, vero?
Ho un'idea di quello che raccoglierete.

Fate ammenda appena ve ne rendete conto, e forse salverete qualcosa.
O forse sarà tardi e il grosso sarà perduto.

Quando alzerete gli occhi, intorno avrete terra bruciata.
E sarete la polvere alzata da tutti quei tacchi che si allontanano.

martedì 29 giugno 2010

Ritorno, al futuro.

Ballando e
guardando in su
io sento la vertigine.
Mi perdo tra le nuvole che formano figure.
E se mi commuovo provo a ridere per gioire con le lacrime
per raggiungere le nuvole.
Sola.
Mi commuovo e provo a ridere per gioire con le lacrime
per raggiungere le nuvole.
Sola.

Immagino di evolvere restando quì
..immobile.
Ballando tra
la polvere
che illumina il sole.

Da sola
da sola
mi sento sicura di me.


Sono sola..
sono sola..
con me.
Sono sola..
sono sola..con me.

Io riderò, insieme a me
da sola.

[Serpenti - Da sola]


Arriviamo dal parcheggio, guardo il piccolo bar dalla stessa identica angolazione da cui l'ho guardato centinaia di volte.
Ritorno al futuro. O meglio : Ritorno (pausa), nel futuro.
Eppure, chissà come, ho indovinato. Non è proprio cambiato niente.
Quì tutto sembra congelato....congelato.
Ha l'odore del pesce e il sapore della birra.
Si può chiamare solo Chiringuito.
All'inizio ero convinta che non avrei incontrato nessuno, mi sono detta "dai, tu sei della vecchia guardia..ci sarà stato il ricambio generazionale!"
A quanto pare mi sbagliavo.
Quì le cose cambiano con la stessa solerzia che la media dei frequentatori impiega nel cambiarsi le mutande.
Il che, tradotto, vorrebbe dire raramente, per non dire mai.
Dio, mi sembra tutto così maledettamente fermo a 4 anni fa.
Certo, non è male incontrare gente che non vedi da una vita. Amici, persone che non sapevi che fine avessero fatto, vecchie fiamme che ti rincontattano su facebook. Può andar bene.
Perchè effettivamente che alternativa hai?
Puoi scegliere un posto dove la puzza di pesce si sente di meno, meno sporco.
Dove la roba costa di più.
Dove al posto di piercing randomici e dread luridi e cani vaganti e puzza di cannabis magari ci trovi l'intellettualoide barese che distilla nulla in gocce.
Bel guadagno.
Immancabilmente mi viene da pensare se non sia io che vivo su un altro pianeta.
Se non sia io quella a cui non va bene niente, che cerca la luna nel pozzo.
Che è cresciuta con un'idea sbagliata del mondo che la circonda.
Desiderando una realtà che non è la sua.
Che non sa se potrà mai raggiungere, dovesse esistere da qualche parte.
Non sono una ragazza facile, lo so.
Sono una snob, una testarda e una grandissima rompicoglioni.

Voglio viaggiare, staccarmi da quì.
Anche per aver voglia di tornare.
Perchè l'avrei, lo so.
Tornare per andar via di nuovo, si , ma tornare.

Vorrei poter realizzare me stessa esattamente come io immagino.
Da quando i postumi di quello che è successo hanno cominciato a diradarsi più in fretta ricevo una conferma dopo l'altra.
Conferma di aver fatto la scelta giusta.
Nessunissima voglia di tornare indietro ma solo di andare avanti.
Senza voltarmi.
Sono serena.
E' facile essere sicura quando sono da sola. Lo sono.
Mi piace.
Questa sono io.

sabato 19 giugno 2010

Proletariato

Anche oggi, come al solito, armata di tutto punto contro il caldo ho portato giù il cane. Certo, se qualcuno mi chiedesse perchè lo porto in giro nel momento piu caldo della giornata probabilmente non saprei che rispondere. Sta di fatto che va sempre a finire cosi.

Tenuta tipo:
Ipod
Shorts
Pinza
Rayban
e ovviamente..cane.

Tutto ciò che mi serve per aspettare pacificamente che Lui espleti le sue funzioni corporali. Con una nota di riguardo per gli occhiali da sole che servono per proteggermi dalla luce e, ovviamente, per proteggere lei da me.

Insomma, faccio il mio consueto giro.
Fissando consuetamente un punto non meglio precisato dritto davanti a me mentre cammino.
Sperando che non la faccia proprio mentre sto ascoltando quella canzone che mi piace.
Pensando che "Sono le 12 e maledizione...voglio un caffè."

Regolare.

Alle mie spalle:
"Scusami, hai da accendere?"
Esco dalla mia trance-passeggiata-con-cane e mi sforzo di rispondergli in maniera sensata.

Mentre sono impegnata a capire cosa vuole mi rendo anche conto che ho davanti "Misteroperaiosexy2010".

"Uh...si..."

Riesco anche a fermare il cane, prima che mi trascini per inerzia in avanti come il motoscafo con quelli che fanno sci d'acqua e comincio a rovistare nella mia enorme borsa di camoscio.
Trovo lo Zippo e glielo passo, ha le mani bianche di polvere. (E' nero, non me lo sporcherai spero.)

Fa un po' di tentativi ma ovviamente l'accendino si rifiuta.
Se non mi fossi trovata io, una cinquantina di volte con lo stesso odioso problema non ne avrei avuti altri 2 in borsa.
Diciamo pure che mi succede 3 volte su 5 che sia scarico.
E credevo di aver imparato a caricarlo!

"E' finita la benzina.."
"Ah..ok, prova con questo."
"Hai la scorta?"
"Ehm, si...mi capita spesso che non funzioni. Ci riesci?"
"Ok, grazie...
(momento di eco in cui mi guarda per verificare se effettivamente sono carina come pensava che fossi, deve aver notato che ho gli occhi verdi, mi fissa.)
...Ciao!"
(i suoi sono azzurro limpido.)
"ciao!"

In realtà non so se mi ha fermata perchè pensava fossi carina.
Ma di sicuro non ha giocato a suo favore il fatto di essersi fatto beccare a invertire il senso di marcia per seguirmi.

L'ho visto con la coda dell'occhio e mi è venuto da sorridere.

Ho acceso subito la musica.
"Little green bag" mi ha ricordato quanto poco mi interessi Mroperaiosexy2010.
Mi sarei potuta far raggiungere.
Ho alzato la musica e il passo. Inavvicinabile.

Sono in vantaggio, davanti a lui di molto, quando Alek decide che si deve fermare. Solo una pipì, riesco a mantenere la distanza.

So che si è avvicinato, è più veloce di me.
Mi viene da ridere a pensare che sto evitando che un bel ragazzo mi avvicini.

Non è colpa mia se non mi va di parlare alle 12 di mattina!!
Non mi sento attraente, non me ne frega niente.
Voglio solo il caffè. E me lo voglio prendere a casa.

Eccolo, arrivo al portone. Tiro fuori le chiavi, mi fermo e le infilo nella serratura...mi rendo conto che era davvero molto vicino.
Passa dietro di me dopo qualche secondo.
Mi guarda nel riflesso del vetro, esita.
Mi giro e lo saluto. Ha davvero dei begli occhi.

Ma io voglio solo un caffè!

La sintesi è che attiro il proletariato.
Mi sembra ovvio. Non che abbia niente contro, almeno finchè sono carini. E poi ho fatto passi da gigante.
Qualche anno fa erano tutti over 60.
Luridi.
Oggi invece posso scegliere.
Zucchine, carote e pomodori o mattoni e cemento?

ps: ma se dico Tiffany, viene a bussare a casa l'idraulico?

mercoledì 16 giugno 2010

Le cose belle.

Sarà che le cose belle succedono proprio in questi momenti, in cui credi di star bene già così come stai.
Forse per dimostrarti che non vale la pena accontentarsi, anche se dire “no” vuol dire far star male chi hai attorno.
Per dimostrarti che puoi stare meglio.

Oggi stavo pensando a quanto sia strano essere circondata da persone che ti conoscono bene.
Fino a che punto, una persona può ricordarsi di tutti i tuoi vezzi e le tue fisime?
In quel momento ti senti cosi bene.
Ti fa sentire così…importante il fatto che qualcuno si ricordi, tutto…ma proprio tutto di te.

Aver amato una persona vuol dire questo?
Io lo saprò mai fare?

Ma forse non è “Amore” la parola giusta. Forse è solo “affetto” “affezione”.

“Legame”.

Dopo tanti anni fa sorridere che, chiedendo ad un vecchio amico, di assaggiare un po’ di gelato quello ti risponda “Non ci sono gusti alla frutta!”.
Ed effettivamente tu il gelato non lo vuoi più, perché mangi SOLO gelato alla frutta.

Ultimamente sorrido più spesso. Ieri sorridevo mentre mettevo a posto il salone di casa.
Sorridevo e canticchiavo “Green eyes”.
Mi sa che il verde è il mio colore fortunato.
“Little green bag”.

Mi sento bene.
Si, lo so, non dovrei scrivere allora.
Ma uno strappo alla regola posso farlo.

Oggi il figlio del fruttivendolo mi ha salutato per la prima volta.
E’ un anno che mi guarda ogni volta che porto giù il cane ma non mi saluta mai.
Un giorno l’ho anche fatto spaventare sbucando con Alek da un angolo.

Oggi mi ha incontrato, l’ho guardato e mi ha detto “ciao!”.

Vorrei capire cosa gira in testa alle persone.
Già capire cosa gira nella mia sarebbe un bel traguardo.

Sto bene, l’ho detto?
Si l’ho detto..
Sento quel po’ di nostalgia che fa sorridere.
Senz’altro per il fatto di rendermi conto che è venuta in maniera spontanea. Che è reale.

Mi sento come se mi fossi appena resa conto di avere la mia vita tra le mani.
Come se ne stia riprendendo possesso.

Strane certe coincidenze.
Ma mi piace pensare che alcune cose debbano accadere e basta.
Mi piace essere un po’ positiva stavolta.
Per essere negativa ho tutta la vita.

G.

sabato 5 giugno 2010

6 giugno

La sensazione che si prova a fare gli auguri a due dei tuoi ex ragazzi, ai tuoi due ex ragazzi...il giorno del loro compleanno.
E' tutto cosi strano, non riesco a credere che anche questo capitolo si sia chiuso.

venerdì 4 giugno 2010

Vodka


Ho riscoperto quanto è piacevole dimenticarsi di tutto quello che ti rende triste, per una sera.
Con uno dei tuoi migliori amici e svariati cicchetti.
Tra cui una tequila sale e limone magari. Che magari scopri che ti fa schifo, visto che l'hai ordinata pensando fosse altro.
E ti fai cosi tante risate e perdi tempo a tentare di capire cosa cazzo fosse quello che volevi.
Poi, finalmente, limone e vodka lavano via tutto quel cattivo sapore e le preoccupazioni.
Torno a casa lucida, ma contenta...cerco di infilarmi nel letto, sperando che l'alcohol mi metta sonnolenza prima che i pensieri risalgano.
Ma già so che è tardi..spero che la stanchezza prenda il sopravvento.
Con un sorriso sulle labbra.

giovedì 3 giugno 2010

Oroscopo.

L'ho visto cento volte...ma tutte più di 5 anni fa.
L'altro ieri è stata la centounesima: Sliding Doors.
E mi sono ritrovata a pensare nel letto, guardando il soffitto.
Che le cose, se devono succedere, succedono. O è solo comodo affidarsi al destino? E se fosse "comodo" dovrebbe per forza essere un male?
Sono distrutta, davvero.
Questa è stata l'ultima...adesso sono io e io sola.
Ancora una volta ho avuto la dimostrazione che l'onestà non paga...se non in lacrime. In lacrime e tristezza.
Ogni tanto un ricordo come un fulmine mi fa pensare "ma perchè?".
Mi ricorda tutto quello che ho fatto, da 2 anni a questa parte, tutti quelli che ho deluso, tutte le lacrime, i dolori.

Mi ricordo mia madre l'altra sera, "Ma possibile che ogni volta devi fare così? Devi essere un po' più fredda.".
"Ma', ti assicuro...non conviene che diventi più fredda di cosi. La prossima volta uccido qualcuno."

Tutto questo mi fa male.
Adesso devo respirare. Stare per conto mio. Scomparire per un po'. Niente taverna, niente piazza, niente Bari.
Università voglio tanta Università, e le lezioni finiscono domani. Ma non rischio di non avere da fare, questo è certo.
Film, libri, amiche.
Tempo per me.
Quello che non mi sono mai presa da due anni a questa parte, e ho sbagliato.
Quanto ho sbagliato.

Magari un viaggio. Magari vado finalmente da Stefano, a Chicago.
Ma adesso non ho la forza per pensare a niente, vorrei che bastasse chiudere gli occhi per scomparire. Senza fare rumore, nè dire niente a nessuno.
Il tempo giusto.
Lasciare tutto in stand-by. O che si dimeticassero di me, almeno loro.

Fare quello che voglio, non pensare per due.

Mi dispiace, mi dispiace tanto. Ho fatto l'ultima cosa che avrei voluto dover essere in condizione di fare alla persona che meno lo merita al mondo.
Non è facile. Sono stanca.
Ancora una volta ho ripagato una persona che mi ha dato 1000 con un misero 7 in condotta.
Non funziono bene in queste cose, mi pare evidente.
E trovo che sia un tremendo paradosso, l'aver incontrato nella mia vita solo persone disposte a darmi il massimo, con il cuore.
Ho mai fatto qualcosa per ripagarle?
O mi ricorderanno solo come una nota di tristezza, una notte, in una macchina?
Un po' tutto quest'anno passato mi mancherà. Si, mi mancherà.
Spero solo...che sia la cosa giusta.

Ma ho bisogno di pensare solo a me.
Quando mi sentirò pronta, uscirò da quì.
O forse no. Forse quella che sono adesso da qui non vuole uscire perchè ha passato tanto tempo costretta fuori che ha voglia solo di rimanere dentro.
Almeno finchè il fuori non sarà davvero fuori.
Il mio oroscopo l'altra mattina recitava: "Voglia di evasione." E poi dicono che gli oroscopi non sanno essere pertinenti.
"Rita, chiunque tu sia, brava, ci hai preso stamattina."
Maledetta voglia di evadere.

Non voglio pentirmi, non voglio riflettere, non voglio pensare, non voglio.

Adesso non si torna indietro. Si va solo avanti.
E davvero non ho più niente a trattenermi.

Una cosa continua a ronzarmi in testa, non so dirla. Perciò la scrivo:

"Spero che capirai. Spero realizzerai presto, che non devi star male.
Tira un respiro di sollievo chè io non sono più con te.
Chè sono più lontana. Sei al sicuro.
Anche se ho sempre una fottuta pistola in mano almeno adesso sparerò nel deserto."

giovedì 13 maggio 2010

Azienda a gestione singola


Un'azienda a gestione singola, ecco cos'è la mia vita.
Oggi, finalmente qualcuno ha avuto il coraggio di dirmelo, dopo che ho passato questi ultimi tre anni a dimostrarlo con i fatti. Senza saperlo ammettere a parole.
La verità è che questi ritmi stressanti, ormai, sono pur sempre i miei. E mi piacciono così.
Io sono un'azienda a gestione singola perchè non sono mai stata capace di pensare alla mia vita come una cosa da condividere.
Penso e ragiono per me. Il problema è che qualcuno rischia irrimediabilmente di sentirsi chiuso fuori.
Qualcuno o, facciamo la maggior parte di quelli che si arrischiano a starmi vicino?
Mi sento come una fotocellula che, quando viene attraversata, attiva il sistema di chiusura delle porte in automatico.
Nessuno può entrare. Nessuno sa farlo. Non so se voglio che qualcuno ci provi.
O se voglio solo vivere per me stessa. E basta. E fare quello che mi va, come e quando mi va. (..e...dio, quanto mi va..)

Step 1: presa di coscienza (teorico)
Step 2: accettazione (teorico)
Step 3: messa in atto (pratica) con inibizione retroattiva a feedback negativo ovvero "i dolori passati e accumulati mi trattengono dall'affrontarli di nuovo".


Step 4: dormiamoci su.

[Jack Vettriano - Night geometry]

mercoledì 12 maggio 2010

Momenti - Cornetto di compleanno


Mi capita di vedere le foto e penso: siamo un bel gruppo, dopotutto.
Sono passati quasi un paio d'anni eppure, la sensazione è sempre la stessa.
E' la stessa di quando arrivi in aula il giorno del tuo compleanno e trovi un cornetto con la candelina. E sorridi perchè non te lo aspettavi per niente.
E in quel momento realizzi che non ti sei circondata di gente a caso, non hai preso quello che capitava. Capisci che voi non c'entrate niente con tutto il resto.

venerdì 30 aprile 2010

I regali

Comunemente, almeno che io ricordi, i regali dovrebbero essere una bella cosa, no?
E allora perchè ogni volta che ce n'è da fare uno è sempre un casino?
Peggio poi, quando non è uno solo ma ne arrivano 2 in contemporanea! Non ho capito perchè, amici cari o meno che siano io mi trovo sempre in mezzo.
Non c'è un regalo che io ricordi per il quale non ho anticipato soldi, fatto giri in centro, rintracciato gente, coordinato cose. Tutto questo mi innervosisce.
Sarà il periodo, sarà che in realtà ci vuole poco a farmi innervosire, sarà che ho la testa lontano da qui, sarà che anticipo dopo anticipo i soldi cominciano a finire!
La gente ha una dote...suprema. La dote di scomparire nei momenti meno adatti (per te) che guardacaso sono sempre i più adatti (per loro). Ma allora mi dico, ne vale la pena?
Credo che dovrei fare una sessione di training autogeno per imparare a non farmi prendere dal "dispiacere per il festeggiato". Il fatto è...che mi immagino lì, al suo posto, senza regalo. A me piacciono i regali (del resto a quale donna non piacciono?)! Quindi penso che io vorrei averne uno al mio compleanno e quindi mi attivo per farlo arrivare puntuale al festeggiato.
Non considero che magari a qualcuno non gliene frega un bel cazzo del regalo, sono pochi, ma ci sono!
Senza trascurare la questione soldi!!
Vorrei una barca di soldi per fare regali a destra e a manca, senza dover centellinare.
Senza fare economia, mai, su niente. Io non sono troppo attaccata ai soldi.
Sono solo realista, checazzo.
Si, si vive di amore, di serenità ma...l'amore vive male sotto un ponte!
E vive male se ogni volta che ti devi andare a mangiare una pizza fuori devi farti i conti per la settimana! E vive male se ti vuoi togliere uno sfizio e devi pensarci cento volte.
Suvvia, come dice Woody Allen "Se i soldi non fanno la felicità figuriamoci la miseria!".
Dico solo che vorrei avere queltantochebasta per non dovermi preoccupare.
Magari anche per fare un viaggio.
Magari anche per attraversare l'America coast-to-coast.
Magari anche per fare un po' di shopping versione "comproquellochevoglioanchesedomaninonmipiaceràpiùmaperunavoltachisenefrega!".

In fondo è uno sfogo, e sono cazzate.
Io sto bene ma, a volte, mi prende così.
Il fatto è che osservo tutti i giorni persone che si confrontano con questo problema.
Gente che è arrivata all'età in cui dovresti avere qualcosa per le mani e invece non ha niente.
Certo bisogna anche dire che è così facile fare progetti...ma la pigrizia è una brutta bestia.
Io un po' sono pigra ma spero di non esserlo fino a questo punto.
No, non credo proprio che vorrò esserlo.
Mai.